La storia non è una serie di date ma un libro di esempi per affrontare il presente da parte di ogni singola persona. Leggere questo capitolo per affrontare i cambiamenti in atto è un atto di buon senso.
capitolo 12 tratto dal volume L'ALBERO DELLA VITA di Francesco Alberoni edito Garzanti 1982
In tutti i campi ci viene chiesto di portare avanti un compito,di identificarci completamente con un lavoro come se questo fosse la nostra natura,fino a farne lo scopo unico della nostra vita.Poi ,improvvisamente,tutto muta,l'azione non serve più,noi non serviamo più.
La Bibbia,questa stupenda storia di un intero popolo,ci mostra quanto fragile ogni volta fosse la "fortuna";come improvvisa,appena dietro l'angolo,nel momento della massima prosperità ci fosse in agguato la rovina e la disgrazia. Non solo la vita umana è effimere perchè può essere sempre afferrata dalla morte,ma tutte le cose,tutti gli affetti degli uomini,tutto è sempre sul punto di svanire. E se non è una potenza esterna,un nemico,una disgrazia,allora è un nostro moto proprio dell'animo,un nostro errore,una colpa,che trasforma il giardino in un inferno.
Il mondo moderno e la sua tecnica,in parte,hanno ridotto queste insidie. La medicina ci protegge,ci cura,impedisce che una caduta si trasformi in un'invalidità,tiene in vita bambini che,un tempo,erano destinati a morire. La medicina è stata una delle armi più potenti che la società ha messo al servizio dei singoli.Certo anche oggi si muore ma non sempre: il più delle volte noi ci impegniamo contro di lei e almeno in molti momenti questa deve lasciare il campo. Lo stesso vale per le calamità naturali dove la solidarietà collettiva riesce,se non ad impedire, almeno ad alleviare i danni.
Anche la rovina economica, il pericolo di finire schiavi,di dover chiedere l'lelemosina o addirittura morire di fame sono situazioni scomparse,almeno nel mondo "occidentale" la società dunque,ci protegge e, probabilmente,ci proteggerà sempre più in quanto individui,da pericoli tradizionali; però nello stesso tempo ,proprio la socializzazione riapre,nella nostra vita, altri rischi ed altre precarietà.Quanto più siamo integrati nella società,quanto più diventiamo un ingranaggio nella divisione sociale del lavoro,tanto più veniamo a dipendere dai mutamenti che avvengono nel campo sociale.In questo periodo è in atto una vera e propria rivoluzione in tutti i campi. Sofisticati robot sostituiscono gli operai,cambiano competenze e nessuno può prevedere il risultato di questo processo.Alcune fiorenti industrie falliscono per propri errori o per la concorrenza di paesi emergenti.
Ma questo disadattamento,questa frattura con ciò che facevamo è più profonda e sottile. Un tempo i figli erano la ricchezza di una famiglia, oggi non più perchè i figli non restano a lavorare nell'azienda di famiglia ma seguono la propria strada. Questo vuol dire maggior fatica a crescerli,dedicare loro più tempo,più denaro per poi perderli o vederli allontanarsi in poco tempo. Qui non c'è nessuna catastrofe naturale,non c'è concorrenza ne obsolescenza,però c'è ugualmente la perdita di ciò che si era.
Per restare noi stessi,in realtà, noi dobbiamo continuare a mutare. Per restare noi stessi dobbiamo continuamente esercitare su noi stessi un'incessante vigilanza. Nessuno,nel mondo moderno può sottrarsi a questa regola.Tutti si sforzano di apprendere. Ma a che scopo? questo lavoro incessante rende obsoleto ogni apprendimento. Nelle società paleolitiche l'uomo vecchio passava nel ruolo di custode dell'esperienza. Oggi tutto ciò è impossibile,la memoria collettiva è smisuratamente superiore a quella dell'individuo
Questo processo è totalmente negativo?è faticoso,richiede sforzo, però questa continua tensione al cambiamento ci arricchisce. Il primitivo al termine della sua vita passava una saggezza al resto della società. Noi no,non accumuliamo nessuna esperienza continuativa ma è come se avessimo vissuto molte vite diverse.
Questo è vero sopratutto se non abbiamo subito passivamente la trasformazione ma attraverso un "stato nascente" siamo rinati anche interiormente,abbiamo saputo guardare il mondo con occhi nuovi.
Certo,abbiamo delle resistenze ad accettare questo modo di pensare,perché tutta la cultura tradizionale ha dato un grandissimo valore al restare identici. Una volta si elogiava un uomo "tutto" d'un pezzo. Ma oggi che senso ha essere tutto di un pezzo se tutto il mondo cambia?
La vita tende a presentarsi ad onde:onde di apprendimento,di amore,nuove credenze,nuovi lavori; tante vite in una,con tante morti e tante rinascite. Tutto questo senza perdere la nostra identità personale,anzi ,chi si oppone a questi continui cambiamenti rischia di perderla perchè diventa a poco a poco estraneo a se stesso.
La vita moderna richiederà di vivere le esperienze e quando il loro tempo sarà passato occorre grande umiltà,ammetterlo e rendersi disponibili ad affrontare nuove sfide.
Perchè questo è il miracolo dello "stato nascente" ricominciare ogni volta in modo diverso usando le esperienze fatte.
L'identità personale si rafforza purché lo "stato nascente" è un ritornare sul proprio passato,rivederlo criticamente,abbandonare quello che non serve e valorizzare quello che piace. Lo"stato nascente" infatti,rompe e collega,ritorna sul passato e getta un ponte sull'avvenire. Esso distrugge il dolore del passato,la sua vendetta,i suoi risentimenti. Però è memoria e storia.